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lunedì 10 dicembre 2007

Dediche

Mi trovo per la prima volta a scrivere qualcosa come introduzione ad un testo.

Lo faccio volentieri. Primo perché reputo M.P. un bravissimo, ma che dico, un fantastico “scrittore” (nota per Marco, domani ti dico le coordinate bancarie per fare l'addebito), secondo per l'amore per Lisbona che ci lega. Penso che chi non sia mai stato a Lisbona non posso comprendere l'atmosfera nella quale si vive. Potrebbe provarci. Provarci leggendo il racconto che segue. Racchiude in sé tutto lo spirito della capitale. Chi lo conosce si ritroverà a girovagare per le vie di Barrio Alto, o a mangiare pastarelle a Belem. Gli altri assaporeranno per alcuni minuti quello strano senso di vita che ti prende quando vedi Lisbona. Mi è parso giusto intitolare il brano: “Tago”. Allora prendete un bel bicchiere di porto, sedetevi in poltrona (solo chi è provvisto di portatile e connessione wireless), e leggetelo, poi chiudete gli occhi e immaginate un posto in cui vorreste essere. Benvenuti a Lisbona.


TAGO



Si versò un bicchiere di Porto e cominciò a scrivere.

L’aroma delizioso del vino speziato gli infuse la gola di caldi profumi; chiuse gli occhi per un attimo e rimase ad ascoltare il suono che faceva.

Aveva bevuto molto quella sera, tanto da star male; eppure si pose indomito alla macchina da scrivere per comporre un nuovo racconto, né più né meno impegnativo delle altre volte.

Giusto un racconto.

Qualcosa per svagare la mente.

Un altro sorso di Porto, molto forte, lo convinse all’autobiografia; si mise così a descrivere la giornata appena conclusasi.

Quella notte aveva incontrato Marçal, il suo amico di un tempo, morto da almeno dieci anni.

Lo aveva visto guardare le stelle al molo, e gli si era avvicinato.

Come ti va, vecchio mio?, aveva chiesto all’amico. Non male, aveva risposto Marçal, sempre con lo sguardo alle stelle, scioglievoli nel cielo autunnale. Bella serata per ciondolare sul molo e guardare il buio, no? Bella, si…una volta lo facevamo spesso, ricordi? Ricordo, Dovremmo riprenderla, quella vecchia usanza, Non possiamo, Marçal…sei morto, Giusto, mi sfugge sempre questa piccolezza. Rise, suo malgrado. Morirò in Dicembre, vero? Tecnicamente sei già morto, Lo so, non stare lì a ricordarmelo, Come fai a dirlo? I morti non hanno memoria, Questo lo dici tu, io so che morirò, o che sono già morto, la cosa non mi tocca più di tanto, per questo ogni tanto me ne dimentico, il problema è tuo, che sei qui a parlare con uno spirito.

Si sedette a fianco a lui, sul molo, e guardò il mare nero.

Spiegami come morirò, non ricordo, Come si fa a scordarsi di una cosa del genere? Morirò solo a Dicembre, mica prevedo il futuro, Mi stai facendo confondere, Dimmi solo come muoio, poi non ti scoccio più, Era una mattina fredda, ti sei svegliato nel tuo appartamento, vicino alle pile di pagine mai pubblicate, ti sei scolato una bottiglia di bourbon e hai preso la vecchia pistola di tuo padre, te la ricordi? Certo, continua, Sei andato in spiaggia, non c’era nessuno, perché a Dicembre è così che dovrebbe essere una spiaggia, sei entrato in acqua fino alla cintola, poi hai caricato la pistola e ti sei sparato dritto in bocca.

Marçal rimase un po’ in silenzio.

Bel modo di morire, no? Non c’è un bel modo di morire, si muore e basta, Beh è così che morirai, Sono morto da dieci anni, Vaffanculo, ci godi a complicare le cose, vero?

Non rispose…guardò le stelle e non rispose.

Allora? Allora cosa? Perché stai in silenzio? Tu che dici? Ho appena saputo come morirò, Ma sei morto già da dieci anni, Hai ragione, ma fa sempre impressione sentirlo.

Guardò Marçal, tirò fuori un pacchetto di Fortuna tutte sgualcite e glielo porse, ne prese una e se la fece accendere.

Fumi ancora questo schifo di sigarette? Mi piacciono molto, Sono volgari, le sigarette dovrebbero dare un tono a chi le fuma, Che dici? Dico che non si fuma solo per il gusto, anche per l’effetto che fumare provoca negli altri, Neanche da morto smetti d’essere narcisista fino all’antipatia…, L’egocentrismo ci salva dall’anonimato, Proprio tu mi parli di anonimato…senti, posso chiederti una cosa? Certo, però non so se poi ti risponderò, Non fa niente, è una cosa che volevo chiederti da tempo, Dimmi, Perché ti sei ucciso? Voglio dire, avevi pubblicato una raccolta di poesie meravigliose, avevi una donna bellissima al tuo fianco; facevi un bel po’ di soldi con le conferenze e le lezioni, perché negarlo, dopo tutti quegli anni, passati insieme a fare la fame sui fogli sporchi d’inchiostro e caffè, a guardare il soffitto col mal di testa per il troppo vino e le troppe sigarette di tabacco nero, tra i muri macchiati e i pavimenti polverosi di uno squallido appartamento di periferia che avevi ereditato da tua madre, finalmente qualcuno leggeva le tue parole, Marçal, e le amava.

Perché?

Ana Maria non mi ha mai voluto, Ti era molto affezionata, invece, Ero come una lettera ricevuta tanto tempo fa, che si tiene solo perché ci ricorda di tempi lontani, forse migliori, ma comunque avvolti da quell’aura di mitico che indora tutti i nostri ricordi, Sei crudele, Lei cosa ha fatto dopo? Ha lasciato la città, ha raccolto le sue cose in uno scatolone con un’etichetta blu e se ne è andata, Mi dispiace che non sia rimasta, Non c’era nulla che la legasse a questo posto, C’eri tu, Ci abbiamo provato, ma per me è sempre stata come uno specchio. Non riuscivo a guardarmi, Marçal, non ci riesco ancora.

È questo il tuo problema, rispose l’amico, Tu non ti piaci, non hai un culto di te, non ti rispetti, non sarai mai un grande scrittore, solo qualcuno che trasferisce i propri anemici pensieri sul foglio freddo di una macchina da scrivere, sdraiato in un letto mal fatto, in una stanza nebbiosa per le troppe sigarette; Un tipografo, forse, uno scrittore, mai, Smettila, è facile parlare da morti, tu non devi preoccuparti più di nulla, Non è vero, mi preoccupo molto, mi preoccupo per te, per Ana, per la mia spiaggia, per il cielo grigio di Novembre che mi piaceva tanto, solo che adesso vi guardo con un occhio differente, Ho sempre odiato la tua filosofia spicciola, sai essere volgare, e poi non hai ancora risposto alla mia domanda, perché? Odiavi veramente così tanto questo posto? No, lo amavo troppo, Questa è in assoluto la cosa più stupida che hai detto stasera, Cosa c’è di stupido nell’amore? Nulla…, E allora cosa hai da obiettare? Niente.

Scese il silenzio, li avvolse; quando voltò lo sguardo Marçal non c’era più, forse non c’era mai stato. Gettò la sigaretta in mare, guardando la brace che si spegneva di colpo, poi si alzò e s’incamminò verso casa.


M.P.

lunedì 3 dicembre 2007

rose al salvataggio

Che rimane di una persona alla fine del giorno?
E' più una questione di sentimento-
Che una questione di divertimento-

Solo un senso di lacerazione, ma intima-
Inaspettata, nemica, beffarda-
Ci sfotte, non ci abbandona, ci assaggia-

Ma quando arriviamo stanchi, soli-
Soli davvero, dico-
Ma non abbastanza stanchi per dormire-

Come se avessimo ancora qualcosa-
Da chiedere ad un giorno che ormai-
Dorme da tempo, non ascolta più-
I capricci di poveri bambini innamorati-

Ed è allora che mi sento colpevole-
Di crimini sognati, reali, evitati-
Per favore, smetti di fare domande-
Allacciati le scarpe ed asciuga quegli occhi rossi.


...di rose bianche...

sabato 24 novembre 2007

Malinconia

Immaginate di vederlo da lontano.
Un'ombra in lontananza.
Giacca con il bavero alzato per coprirsi.
I pochi capelli sparsi al vento.
Immaginatelo là, sopra a quella scogliera.
Lo vedete?
Guarda il mare.
Immaginate stia pensando alla vita.
Guarda il mare.
Immaginate di avvicinarvi.
Blu, il cappotto è blu.
Se ne sta con le mani in tasca.
Fa freddo, ma la vista è così bella che vale la pena patire un pò.
Immaginate di camminare verso di lui.
Sta pensando alla vita, ricordate?
Arrivate fino ad invadere il suo spazio.
La sua intimità.
Fino a toccarlo.
Una ruga gli solca la guancia.
Sembra il percorso di una lacrima.
Con le mani in tasca pensa alla vita.
Guarda il mare.
Immaginate di potervi mettere accanto a lui.
E poi di fronte. A guardarlo.
Immaginate il sorriso delle sue labbra.
Illuminato.
Risparmiato dal vento.
Immaginate quel sorriso carico di malinconia.
E fissatelo negli occhi.
Fissatelo, se ne avete il coraggio.

martedì 13 novembre 2007

Baby

Un tubo di ottone,
mani grondanti di Blues,
l'indice piatto sul manico e l'anulare in bilico tra le dita.
L'equazione è facile:
Uno...quattro...cinque
scivolare continuare a scivolare.
Un missisipi nero di malinconia corre tra campi bianchi di cotone

-labbra cotte dal sole piangono strani frutti-
Pause nere e ritmi tagliati.
Blues per le gonne che si alzano sotto i portici,
Blues per i latrati di un cane,
Blues per le acque stagnanti.
Armonici......
Prego abbassare il volume in uscita.


K.M.

martedì 6 novembre 2007

Forse

Qualche giorno fa ho fondato (si dice fondato?) un movimento artistico. Ne vado molto orgoglioso, quindi ho deciso di condividerlo con gli altri. Non sapendo però scrivere un manifesto, ho deciso di scrivere un manifesto, rendendo così manifesto il fatto che io non sappia scrivere un manifesto.
Un manifesto si articola sicuramente nei seguenti punti: che sono esattamente questi (:) due punti. Quali poi siano questi due punti, che ne so? ma poi chi se ne frega?

-Manifesto del Degeneratismo-
Il secolo delle rivoluzioni è finito da un pezzo. Non è neanche iniziato si può dire. Ma se guardiamo un po' più da vicino.
I punti fondamentali del Degeneratismo sono due: degenerare.
Come al solito, due punti, più degenerare fanno tre. Questo è Degeneratismo.

Bisogna degenerare, dissero
Bisogna degenerare, per dio (o Dio per i monoteisti), dissero con maggiore enfasi
Bisogna iniziare bene, poi degenerare. Ma questa è una traccia e non una regola. Qui degeneriamo, per le regole rivolgetevi altrove...

Perdere il proprio stile è il primo passo da compiere. Chiunque abbia uno stile non è degeneratista. Uscite dagli schemi, ma non fatelo in modo banale. Magari fatevi arrestare se serve.

Il Degeneratismo è un movimento artistico nato nel novembre del 2007, ma che dura poco.

Se volete aderire contattatemi (msn: nickstu@hotmail.it).

giovedì 1 novembre 2007