domenica 30 dicembre 2007

Second literary contest: Half Lung (aka Palo Coelho)

MIRO'



Sarebbe stata l'ultima volta.

Guardava i suoi occhi senza vederli, troppo concentrato sul da farsi.

Teneva in mano pezzi di maglietta.

Troppa la passione che li aveva colti.

Troppo il senso di vendetta che lui serbava e che dava sfogo alla sua voglia.

Troppo.

Aveva scatenato in lui uno strano senso animale.

Ora pensava solo a quello che doveva fare.

A quella che era il suo compito.

E non riusciva a fermarsi. Era come se qualcosa nella sua testa gli desse la giusta carica per continuare. Era un macchina. Una macchina decisa a non smettere. Non aveva più metabolismo umano ma solo elettricità. Riusciva perfino a vedere il filo che conduceva alla spina della corrente.

Corrente che gli dava sempre più energia.

E continuava a spingere, spingere sempre di più.

Spingeva senza pause, era così, una tabella di marcia già decisa, un programmatico evento, scandito da un ritmo, una musica che arrivava alle sue orecchie, sorde per tutto il resto.

Contraeva i muscoli addominali fino allo spasmo, il più possibile. Voleva solo fare male. Male. Molto male.

E quella lettera continuava ad echeggiare nella stanza. Solo una lettera, una vocale. E lui voleva continuare a sentirla. Voleva che aumentasse di volume, di intensità.

“Ah, ah, ah, si”.

Sempre più forte.

Come un grido di battaglia, un pianto, un “eureka”.

E lui sopra questa nota continuava a spingere.

Sentiva sempre più eccitazione scendere tra le sue gambe.

Quella palude di piacere diventare un'oasi nel deserto.

E spingeva.

Forte.

Brutalmente.

Faceva male a lei e bene a lui.

Spingeva.

Disegnava orgasmi meravigliosi, con un pennello intinto direttamente nella tavolozza dei più grandi pittori.

Da un cielo vaniglia di Monet, per un girasole di Van Gogh, fino ad un duro schizzo di Mirò.

Spingendo. Fino alla fine.

“Ecco lo vedi che sei solo una Puttana, solo una puttana!”

Ed era già di spalle.

In mente solo ricordi, sul viso un indecifrabile sorriso, e di fronte una porta. Aperta.


lunedì 24 dicembre 2007

We wish you a merry Christmas

La redazione del Cabo augura a tutti i suoi lettori un buon Natale!
(se qualcuno volesse farci gli auguri, può postare qui sotto, grazie!)

martedì 18 dicembre 2007

E se un giorno

E se un Giorno-Valefree

E se un giorno la speranza dovesse abbandonarci?
E se un giorno le rose non fioriranno più e ciò che rimarrà saranno solo le spine?
E se un giorno tutte le cose in cui noi crediamo, tutte le nostre certezze, i nostri dogmi, i nostri sogni crolleranno davanti alla tragedia della realtà?
E se tutti quelli che credevamo amici ci pugnaleranno alle spalle?
E se l’ancora che credevamo fosse la nostra salvezza ci portasse a fondo con lei?
Se quel giorno dovesse arrivare, aggrappati a me, ti sosterrò come potrò, come hai fatto tu con me fino ad ora.


Ad Alessandra

lunedì 17 dicembre 2007

Le rime alternate, se vengono incatenate, si baciano?

Furore rimico qui al Cabo! Linea di furore nella quale si inserisce (dopo le prove surreali del Nick Stu) egregiamente il buon Valefree, con il suo primo intervento, una semplice e limpida filastrocca, di gusto rodariano,quelle che, se avete dei nipotini che rompono o fratellini sull'orlo delle lacrime, potete recitare sperando di salvarvi, almeno questa volta...

LA NASCITA

… E finalmente è giunto
Feroce e a gamba tesa
A incrementar la spesa
Nel bilancio familiar


Lo strillo del ribelle
Un gemito lamento
La madre sta ridendo
Per il lieto evento


Piccolo e indifeso
Grande come il nulla
Riempie già la culla
D’un immenso amor


Valefree

domenica 16 dicembre 2007

Zero proprio risvolti sociologici qua...

Visto che gli altri pubblicano poesie, non voglio sembrare un ricopione ma, ecco... sento il bisogno di ricopionare. Spero non ve la prendiate troppo, ma nel caso sarò felice essere gu.
Faccio qui le veci ovviamente del grande Tobarca, che si sobbarcava incarichi d'ogni sorta, faceva la scorta, il guardia di porta, ma di fatto non concludeva mai nulla. Credo vada rivalutato, in fondo era un brav'uomo.


Scorgo in te una leggera tendenza all’indifferenza
Pensa che io nella mia stanza ci passo la vita
Credo che ci siamo detti tutto da tempo, in sostanza
A me non rimane più niente per fare la rima

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Il nano di gesso

Il nano di gesso
C’ha il culo convesso
Nel mentre del sesso
Un palo c’ha messo
Non tutto l’ha emesso
S’è detto “è lo stesso
che tanto confesso
ce l’avrei rimesso”

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Sta nevicando

Nevica piano, si cambia la sera
Si toglie la veste, la lascia cadente
Se ne sta timida in casa la gente
Si tinge di bianco, la notte più nera

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Preparandomi per la partenza

Torbido come la birra
D’oro e d’incenso mischiati
Me ne preparo una ghirba

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Un passatempo

Non ho voglia di andare a letto
Non sono stanco manco un po’
Poi passo la notte riverso
Con le mie memorie converso
Non c’è mai molto interesse
Da nessuna delle due parti
Sono un tantinello annoiato
Solo non ho sonno per niente
Faccio qualcosa di diverso
Tanto ormai sto sonno l’ho perso
Stanotte saltello sul muro
Forse lo sfondo per davvero
Solo che co sto freddo poi me strino, non lo so se me conviene

lunedì 10 dicembre 2007

Dediche

Mi trovo per la prima volta a scrivere qualcosa come introduzione ad un testo.

Lo faccio volentieri. Primo perché reputo M.P. un bravissimo, ma che dico, un fantastico “scrittore” (nota per Marco, domani ti dico le coordinate bancarie per fare l'addebito), secondo per l'amore per Lisbona che ci lega. Penso che chi non sia mai stato a Lisbona non posso comprendere l'atmosfera nella quale si vive. Potrebbe provarci. Provarci leggendo il racconto che segue. Racchiude in sé tutto lo spirito della capitale. Chi lo conosce si ritroverà a girovagare per le vie di Barrio Alto, o a mangiare pastarelle a Belem. Gli altri assaporeranno per alcuni minuti quello strano senso di vita che ti prende quando vedi Lisbona. Mi è parso giusto intitolare il brano: “Tago”. Allora prendete un bel bicchiere di porto, sedetevi in poltrona (solo chi è provvisto di portatile e connessione wireless), e leggetelo, poi chiudete gli occhi e immaginate un posto in cui vorreste essere. Benvenuti a Lisbona.


TAGO



Si versò un bicchiere di Porto e cominciò a scrivere.

L’aroma delizioso del vino speziato gli infuse la gola di caldi profumi; chiuse gli occhi per un attimo e rimase ad ascoltare il suono che faceva.

Aveva bevuto molto quella sera, tanto da star male; eppure si pose indomito alla macchina da scrivere per comporre un nuovo racconto, né più né meno impegnativo delle altre volte.

Giusto un racconto.

Qualcosa per svagare la mente.

Un altro sorso di Porto, molto forte, lo convinse all’autobiografia; si mise così a descrivere la giornata appena conclusasi.

Quella notte aveva incontrato Marçal, il suo amico di un tempo, morto da almeno dieci anni.

Lo aveva visto guardare le stelle al molo, e gli si era avvicinato.

Come ti va, vecchio mio?, aveva chiesto all’amico. Non male, aveva risposto Marçal, sempre con lo sguardo alle stelle, scioglievoli nel cielo autunnale. Bella serata per ciondolare sul molo e guardare il buio, no? Bella, si…una volta lo facevamo spesso, ricordi? Ricordo, Dovremmo riprenderla, quella vecchia usanza, Non possiamo, Marçal…sei morto, Giusto, mi sfugge sempre questa piccolezza. Rise, suo malgrado. Morirò in Dicembre, vero? Tecnicamente sei già morto, Lo so, non stare lì a ricordarmelo, Come fai a dirlo? I morti non hanno memoria, Questo lo dici tu, io so che morirò, o che sono già morto, la cosa non mi tocca più di tanto, per questo ogni tanto me ne dimentico, il problema è tuo, che sei qui a parlare con uno spirito.

Si sedette a fianco a lui, sul molo, e guardò il mare nero.

Spiegami come morirò, non ricordo, Come si fa a scordarsi di una cosa del genere? Morirò solo a Dicembre, mica prevedo il futuro, Mi stai facendo confondere, Dimmi solo come muoio, poi non ti scoccio più, Era una mattina fredda, ti sei svegliato nel tuo appartamento, vicino alle pile di pagine mai pubblicate, ti sei scolato una bottiglia di bourbon e hai preso la vecchia pistola di tuo padre, te la ricordi? Certo, continua, Sei andato in spiaggia, non c’era nessuno, perché a Dicembre è così che dovrebbe essere una spiaggia, sei entrato in acqua fino alla cintola, poi hai caricato la pistola e ti sei sparato dritto in bocca.

Marçal rimase un po’ in silenzio.

Bel modo di morire, no? Non c’è un bel modo di morire, si muore e basta, Beh è così che morirai, Sono morto da dieci anni, Vaffanculo, ci godi a complicare le cose, vero?

Non rispose…guardò le stelle e non rispose.

Allora? Allora cosa? Perché stai in silenzio? Tu che dici? Ho appena saputo come morirò, Ma sei morto già da dieci anni, Hai ragione, ma fa sempre impressione sentirlo.

Guardò Marçal, tirò fuori un pacchetto di Fortuna tutte sgualcite e glielo porse, ne prese una e se la fece accendere.

Fumi ancora questo schifo di sigarette? Mi piacciono molto, Sono volgari, le sigarette dovrebbero dare un tono a chi le fuma, Che dici? Dico che non si fuma solo per il gusto, anche per l’effetto che fumare provoca negli altri, Neanche da morto smetti d’essere narcisista fino all’antipatia…, L’egocentrismo ci salva dall’anonimato, Proprio tu mi parli di anonimato…senti, posso chiederti una cosa? Certo, però non so se poi ti risponderò, Non fa niente, è una cosa che volevo chiederti da tempo, Dimmi, Perché ti sei ucciso? Voglio dire, avevi pubblicato una raccolta di poesie meravigliose, avevi una donna bellissima al tuo fianco; facevi un bel po’ di soldi con le conferenze e le lezioni, perché negarlo, dopo tutti quegli anni, passati insieme a fare la fame sui fogli sporchi d’inchiostro e caffè, a guardare il soffitto col mal di testa per il troppo vino e le troppe sigarette di tabacco nero, tra i muri macchiati e i pavimenti polverosi di uno squallido appartamento di periferia che avevi ereditato da tua madre, finalmente qualcuno leggeva le tue parole, Marçal, e le amava.

Perché?

Ana Maria non mi ha mai voluto, Ti era molto affezionata, invece, Ero come una lettera ricevuta tanto tempo fa, che si tiene solo perché ci ricorda di tempi lontani, forse migliori, ma comunque avvolti da quell’aura di mitico che indora tutti i nostri ricordi, Sei crudele, Lei cosa ha fatto dopo? Ha lasciato la città, ha raccolto le sue cose in uno scatolone con un’etichetta blu e se ne è andata, Mi dispiace che non sia rimasta, Non c’era nulla che la legasse a questo posto, C’eri tu, Ci abbiamo provato, ma per me è sempre stata come uno specchio. Non riuscivo a guardarmi, Marçal, non ci riesco ancora.

È questo il tuo problema, rispose l’amico, Tu non ti piaci, non hai un culto di te, non ti rispetti, non sarai mai un grande scrittore, solo qualcuno che trasferisce i propri anemici pensieri sul foglio freddo di una macchina da scrivere, sdraiato in un letto mal fatto, in una stanza nebbiosa per le troppe sigarette; Un tipografo, forse, uno scrittore, mai, Smettila, è facile parlare da morti, tu non devi preoccuparti più di nulla, Non è vero, mi preoccupo molto, mi preoccupo per te, per Ana, per la mia spiaggia, per il cielo grigio di Novembre che mi piaceva tanto, solo che adesso vi guardo con un occhio differente, Ho sempre odiato la tua filosofia spicciola, sai essere volgare, e poi non hai ancora risposto alla mia domanda, perché? Odiavi veramente così tanto questo posto? No, lo amavo troppo, Questa è in assoluto la cosa più stupida che hai detto stasera, Cosa c’è di stupido nell’amore? Nulla…, E allora cosa hai da obiettare? Niente.

Scese il silenzio, li avvolse; quando voltò lo sguardo Marçal non c’era più, forse non c’era mai stato. Gettò la sigaretta in mare, guardando la brace che si spegneva di colpo, poi si alzò e s’incamminò verso casa.


M.P.

giovedì 6 dicembre 2007

Literary contest second edition

Buonasera.
Volevo solo avvertire autori e chiunque volesse partecipare al secondo contest che il termine per proporre la vostra parola scade questo fine settimana, perciò affrettatevi!! (sembra quasi una telepromozione...).
Nient'altro, se non le mie più profonde parole di apprezzamento agli autori del Cabo, per rendere ogni giorno questo foglietto nel vento del web una vera miniera letteraria.
Miniera d'oro, si spera....
A presto,
M.P.

P.S. Le parole scelte fino ad ora sono:
Palude
Pennello
Vendetta
Spina
Programmatico
Lettera

mercoledì 5 dicembre 2007

PENSIERI

Da quando la lessi per la prima volta questa frase mi ha sempre affascinata...
GIRIAM GIRIAMO INTORNO AL SOLE,INTORNO ALLA TERRA LA LUNA S'AVVITA...NON MUORIAMO DI MORTE NOI...DI CAPOGIRO PERDIAMO LA VITA...
a voi che effetto fa?
PRIMO PRELUDIO ALL'ISTANTE MONOCROMATICO

Non ti chiesi niente
ma mi rispondesti con fare sicuro e voce altisonante
le tue parole
rimbombano tra le mie pareti cerebrali
ormai insensibili e assuefatte al malcomune...
Entrasti come un sussurro
e sei diventato un grido
nelle notti albine
che squarciano il velo silenzioso
della mia anima...
Furore-Ardore-Dolore.
Il plumbeo cielo
stilla lacrime di tenebra.
Mi inerpico nella notte,
mia unica amica fraterna,
con mani tremanti...
Rapidi bagliori
squassano
le fondamenta traballanti
della mia precaria unità...
Ti rivedo
con occhi limpidi
guardarmi da uno specchio...
La tua voce
emana frequenze dissonanti
chè il mio peregrinare è forse il tuo
Attento-Impervio-Vago.
Il sole si spegne tra le tue braccia.
Nel tragico odore della notte
solo noi due distanti e assenti
dal tumulto inconsistente delle genti.
Il sole si spegne tra le tue mani.
Riaprile e vedrai
la luna ansimante
che dall'alto ci guarda
come truce matrigna
di quel che sarà...
Parlami...Adesso...Qui...Sto ferma!
Parlami come non hai mai fatto...
Parlami di te,di ME
di noi...
Ma senza proferir parola.
A labbra strette
grida il rumore che hai dentro...
Parla con me che
attenta
ascolto e
osservo
le tue parole
come disegni surreali su una tela ferita...
Sono sempre io
guardami
sono qua...
Correndo non mi muovo...
Allunga la mano
afferra il mio braccio.
Riemergo...
SON VIVA.
A.M.

Guardatevi dentro...cos'è per voi l'istante monocromatico?Ho scritto due preludi all'istante monocromatico ma ancora non riesco bene a carpire tutte le sue piccole sfumature...il vero istante monocromatico...
carissimi amichetti affettuosi e coccolosi,la vostra venditrice di morte preferita è tornata tra di voi dopo una lunga assenza dovuta alla mie scarse capacità di navigatrice della rete...Momentaneamente il mio pc-carretto,come bene lo definì il Petrelli,è totalmente fuori uso quindi pubblicherò soltanto quando la mia amata coinquilina mi presterà il suo supermega tecnologico portatile da 24 carati.Un bacio a tutti.

Un breve racconto.

L'idea del contest mi piace e appena letta la parola pennello mi è venuto un breve racconto, carico di molti oggetti e parole ma non di quelle scelte da voi. Ve lo presento comunque sperando che vi piaccia.

IL TEMPO DI UNA SIGARETTA.

Verso la rotta, nubi cariche di pioggia si addensano sulla testa.

Magia del fuoco magia del’oro,
uno zingaro mi regalò uno zippo da usare nelle feste.
Magia del fuoco Magia del sangue,
Alla festa mi bagnarono il collo col sangue di una pecora appena sgozzata,
porta fortuna mi dissero.
Magia dell’acqua magia del tempo.

Accendo i ricordi con la mano destra sfregando una corona di ferro, uno sbuffo di nafta invade l’abitacolo del’automobile
‘Accendi il riscaldamento ai piedi che ho freddo’
Le gocce di pioggia iniziarono a sbattere sul vetro della macchina, il cielo si tingeva di un grigio logoro e stantio, tracciato da mano sapiente con un pennello troppe volte usato.
‘mmm’
il primo tiro di sigaretta è una sferzata che dal midollo spinale sale fino a raggiungere le tempie. Il pensiero si presenta forte e diretto, le sinapsi nervose soffrono di un assolutismo emozionale che mi porta a l’estate precedente; Quel volto sorridente ma freddo, da sole mattutino, è lo stesso che mi trovo accanto?.
‘Alza che questa mi piace’
Il suono non riusciva a coprire i pensieri, il secondo e il terzo tiro mi servirono per chiarirmi le idee.
‘ Hai visto?’
‘Cosa?’
‘Tutti i campi sono spogli, c’è solo un albero ogni tanto’
‘Una antica legge permetteva la presenza di un solo albero in ogni campo a coltivazione’
‘Perché?’
‘Serviva hai contadini come riparo dal sole per il pranzo’
Anche gli alberi soli, non un ulivo e un alloro abbracciati, solo querce dalle ghiande dure come il cuore. Essere come le viti era un buon modo di campare, le nostre dita incrociate a rompere la magia dell’individuazione, da ciò potevano venire solo buone cose, buone come il vino.
Altri tre tiri non riuscirono a togliermi il sapore del vino dalle labbra. Un vino invecchiato ormai vent’anni, bevuto insieme a Michele su colline che assomigliano tanto a queste che mi passano davanti agli occhi.
‘A cosa pensi?’
Mi presi il tempo di due tiri per rispondergli, la nube diventava sempre più una realta passeggera.
‘Pensavo quando da ragazzo stavo con Michele su colline simili a queste, lui aveva un pollaio e una catasta di legna da tagliare e mi chiese di dargli una mano. Glie la diedi in cambio di un bicchiere di frizzantino e di un uovo bevuto dal guscio.’
La sua mano sulla spalla, mi riscaldò il corpo.
é il calore del suo corpo o il sole che scappa dalle nubi a scaldarmi?
Un tiro e la sigaretta era fuori dalla macchina.

K.M.

lunedì 3 dicembre 2007

rose al salvataggio

Che rimane di una persona alla fine del giorno?
E' più una questione di sentimento-
Che una questione di divertimento-

Solo un senso di lacerazione, ma intima-
Inaspettata, nemica, beffarda-
Ci sfotte, non ci abbandona, ci assaggia-

Ma quando arriviamo stanchi, soli-
Soli davvero, dico-
Ma non abbastanza stanchi per dormire-

Come se avessimo ancora qualcosa-
Da chiedere ad un giorno che ormai-
Dorme da tempo, non ascolta più-
I capricci di poveri bambini innamorati-

Ed è allora che mi sento colpevole-
Di crimini sognati, reali, evitati-
Per favore, smetti di fare domande-
Allacciati le scarpe ed asciuga quegli occhi rossi.


...di rose bianche...